SOCIETà DI CAPITALI – LA DECADENZA DEI SINDACI NON è AUTOMATICA

SOCIETà DI CAPITALI – LA DECADENZA DEI SINDACI NON è AUTOMATICA

Le ipotesi di decadenza del sindaco c.d. sanzionatoria, di cui agli artt. 2404 e 2405 Codice civile (mancata partecipazione del sindaco – senza giustificato motivo – a due riunioni del collegio, alle assemblee, a due adunanze consecutive del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo), così come le ipotesi di decadenza c.d. ordinaria previste dall’art. 2399, lettera c), Codice civile (ovverosia l’essere il sindaco legato alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano

a quello sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza) non possono operare automaticamente, ma è necessario a tal fine un accertamento della decadenza deliberato dal collegio sindacale o dall’assemblea, esplicitamente ovvero implicitamente, con la sostituzione del sindaco decaduto, in considerazione delle ineludibili esigenze garantiste che impongono l’attivazione di un procedimento formale volto alla comminatoria della decadenza medesima.

Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Catania, Sez. I, con la sentenza n. 2175/2019, depositata l’ 8 ottobre 2019.
Occorre innanzitutto ricordare che le ipotesi di decadenza cd. sanzionatoria del sindaco, di cui agli artt. 2404 e 2405 c.c. (mancata partecipazione del sindaco, senza giustificato motivo, a due riunioni del collegio, alle assemblee, a due adunanze consecutive del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo) devono essere distinte dalle ipotesi di decadenza ordinaria, di cui all’art. 2399 c.c.
La Corte di Appello ha ritenuto di condividere le considerazioni del giudice di prime cure, laddove è stato affermato che l’operatività della decadenza sanzionatoria non può essere automatica, prevedendo le norme che la mancata partecipazione sia ingiustificata, diventando “necessario per tale ultima ipotesi un accertamento della decadenza che diventa requisito indispensabile per la sua operatività, sulla base dell’argomentazione che nella specie sussistono ineludibili esigenze garantiste che impongono l’attivazione di un procedimento formale volto alla comminatoria della decadenza, laddove nel caso di decadenza ordinaria deve ritenersi nettamente prevalente l’interesse della società alla mancata operatività di un organo di controllo che risulti composto da soggetti che si trovano in oggettiva situazione di incompatibilità con l’interesse medesimo e che possano, in qualche modo, inquinarlo”.
Tuttavia, la Corte di Appello di Catania ha rilevato che l’esigenza di accertare la sussistenza delle cause di decadenza vale anche per alcune ipotesi di decadenza ordinaria, in particolare per quelle previste dall’art. 2399, lettera c), Codice civile, che prevede la decadenza del sindaco laddove questi sia legato “alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza”.
In tali casi la valutazione in merito all’integrazione della fattispecie ha un inevitabile margine di discrezionalità tecnica, trattandosi di rilevare, in un caso, la sostanziale e non meramente formale continuità del rapporto; nell’altro caso, la compromissione dell’indipendenza di giudizio e di azione del sindaco.
Tale esigenza non può comportare l’automatica operatività della decadenza, che non sia stata deliberata dal collegio sindacale o dall’assemblea, esplicitamente ovvero implicitamente, con la sostituzione del sindaco decaduto.
Si deve infine rilevare che, quanto ai terzi, l’evento della cessazione della carica va iscritto nel Registro delle imprese a cura degli amministratori, ai sensi dell’art. 2400, terzo comma, Codice civile, con gli effetti dell’art. 2448 C.C., ai sensi del quale “gli atti per i quali il codice prescrive l’iscrizione

il deposito nel registro delle imprese sono opponibili ai terzi soltanto dopo tale pubblicazione, a meno che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza”.

Per scaricare il testo della sentenza della Corte d’Appello di Catania clicca qui.

Fonte: https://www.tuttocamere.it