SCIA EDILIZIA – SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE – CHIARIMENTI SUL TERMINE PER L’ESERCIZIO DELLE VERIFICHE

SCIA EDILIZIA – SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE – CHIARIMENTI SUL TERMINE PER L’ESERCIZIO DELLE VERIFICHE

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), la denuncia e la dichiarazione di inizio attività (/DIA) non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili ma attribuiscono al terzo interessato la facoltà di “sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione”.
Nulla dice la disposizione circa il termine entro cui va fatta la sollecitazione e, quindi, entro cui vanno esercitati i poteri di verifica.
Tale carenza, secondo il giudice a quo, non sarebbe colmabile in via interpretativa, come si desumerebbe dall’erroneità di tutte le tesi avanzate in proposito, e ciò esporrebbe la norma a dubbi di legittimità costituzionale.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione terza, ha sollevato, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), nella parte in cui non prevede un termine finale per la sollecitazione, da parte del terzo, dei poteri di verifica sulla segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA) spettanti all’amministrazione.
Secondo il rimettente la disposizione censurata vìola, in primo luogo, gli artt. 3, 11 e 117, primo comma – quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993 ??’ e secondo comma, lettera m), della Costituzione, perché non tutela l’affidamento del segnalante, che sarebbe esposto sine die al rischio di inibizione dell’attività oggetto di SCIA.
L’art. 19, comma 6-ter, poi, violerebbe, sotto altro profilo, l’art. 3 Cost., perché, con specifico riferimento all’attività edilizia, darebbe luogo ad una irragionevole disparità di trattamento tra il segnalante e coloro che realizzino interventi assoggettati a permesso di costruire, esposti alla reazione del terzo per il solo termine di sessanta giorni previsto, a pena di decadenza, per l’impugnazione del titolo edilizio espresso. Con la sentenza n. 45/2019, depositata il 13 marzo 2019, la Corte Costituzionale ritiene che le verifiche cui è chiamata l’amministrazione sono quelle espressamente previste da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA e poi entro i successivi diciotto mesi. Decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo.
La previsione di un termine costituisce certamente un requisito essenziale dei poteri di verifica della P.A. sulla SCIA a tutela dell’affidamento del segnalante. Tuttavia – scrive la Corte – “non può condividersi la tesi secondo cui non sarebbe possibile ricavare da altre disposizioni la disciplina di tali poteri e dei relativi termini”.
Come è noto, l’art. 19 della legge n. 241 del 1990 prevede che all’immediata intrapresa dell’attività oggetto di segnalazione si accompagnino successivi poteri di controllo dell’amministrazione, più volte rimodulati, da ultimo dall’art. 6 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).
In particolare, il comma 3 dell’art. 19 attribuisce alla P.A. un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi), esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA; mentre il successivo comma 4 prevede che, decorso tale termine, quei poteri sono ancora esercitabili «in presenza delle condizioni» previste dall’art. 21-novies della stessa legge n. 241 del 1990. Quest’ultimo, a sua volta, disciplina l’annullamento in autotutela degli atti illegittimi, stabilendo che debba sussistere un interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della legalità, che si operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti e che, per i provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati, il potere debba essere esercitato entro il termine massimo di diciotto mesi.
Il comma 6-bis dell’art. 19 applica questa disciplina anche alla SCIA edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da sessanta a trenta giorni e prevedendo, inoltre, che, «restano […] ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali».
Ebbene, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente – osserva la Corte – è a questi poteri che deve ritenersi faccia riferimento il comma 6-ter.
Le verifiche cui è chiamata l’amministrazione ai sensi del comma 6-ter sono dunque quelle già puntualmente disciplinate dall’art. 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all’art. 21-novies).
Decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo. Questi, infatti, è titolare di un interesse legittimo pretensivo all’esercizio del controllo amministrativo, e quindi, venuta meno la possibilità di dialogo con il corrispondente potere, anche l’interesse si estingue.
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Fonte: https://www.tuttocamere.it